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Next Health, le sfide di Salute Globale

Maggio 26, 2021
Raffaella Cesaroni

A oltre un anno dall’inizio della pandemia, consapevoli degli errori commessi e della lezione che abbiamo imparato dal Covid-19, mi sono fermata a riflettere sui temi di Salute Globale che il virus ha messo in secondo piano e che invece è necessario affrontare da subito, secondo l’approccio One Health.

Dall’Alzheimer alla Zika, passando – in rigoroso ordine alfabetico – per cancro, diabete, epatite, febbre gialla, Hiv (il virus che provoca l’Aids), malaria, morbillo, poliomielite e tubercolosi. Senza dimenticare l’antibiotico resistenza, che rende inefficaci i farmaci contro alcuni batteri pericolosi. Le malattie rare. Oltre 6mila quelle identificate, 300 milioni i malati nel mondo. L’obesità, sempre più diffusa e l’alcolismo, malattia cronica e potenzialmente mortale. Le disabilità. Sono queste le principali sfide di salute e sanità ancora irrisolte. Da decenni le abbiamo davanti e contro di esse la pandemia da Covid-19 ci ha fatto perdere terreno prezioso.

<<Il 2020 è stato un anno devastante per la salute globale>>. Parole tutt’altro che ottimistiche danno inizio all’ultimo Report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che fotografa i problemi di salute globale da affrontare in questo 2021. http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato3945531.pdf 

Problemi di salute globale sui quali ci siamo arenati a causa della pandemia, che ha bruscamente interrotto i progressi conquistati negli ultimi due decenni <<ad esempio nella lotta alle malattie infettive e nel miglioramento della salute materna e infantile>>.

Ecco perché i Paesi di tutto il mondo – dice l’OMS nel suo Report – ora devono reagire e combattere su più fronti contemporaneamente. L’affondo contro il Covid-19 dovrà essere portato avanti mentre si ripareranno i danni subiti dai sistemi sanitari – che in tutto il mondo (nessun Paese escluso) sono stati messi a dura prova dalla pandemia – e mentre si riprenderà ad investire nella ricerca e nella cura contro malattie che nel frattempo non hanno certo smesso di colpire e uccidere milioni di persone nel mondo.

La cosa più importante che la pandemia ci ha insegnato è che nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro. E che quindi la mia salute è strettamente collegata a quella degli altri. E per altri bisogna intendere non solo chi è vicino a noi, qui, ma anche chi è lontano 10mila km da noi.

Ecco perché è necessario agire e farlo ora, prepararsi a nuove possibili emergenze sanitarie e pandemie, collaborando a tutte le latitudini, senza escludere le comunità più vulnerabili, più remote e isolate, i contesti di conflitto.

Tutto questo non sarà possibile senza un accesso equo ai test diagnostici, ai medicinali, ai vaccini e il problema – sia chiaro a tutti – non è solo il Covid-19. Virus che ha catalizzato l’attenzione e distratto dai programmi contro alcune malattie trasmissibili, come la poliomielite, l’Hiv, la tubercolosi, la malaria, il morbillo e la febbre gialla…

Ne volete una prova basata sui dati? Avere accesso ai dati sulla salute nel mondo non è particolarmente difficile. Basta andare sul sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e cliccare su Dati. Nel 2019, dato ufficiale più aggiornato, quasi 700mila persone sono morte per malattie legate all’HIV, il virus che provoca l’AIDS. I dati del 2020, l’anno del Covid, non ci sono.

Grazie ai dati diffusi in occasione dell’ultima Giornata Mondiale della Tubercolosi scopriamo che – sebbene sia una malattia prevenibile e curabile – si stima che sempre con riferimento all’anno 2019 circa 10 milioni di persone nel mondo abbiano ricevuto una diagnosi di TB e che ogni giorno la tubercolosi uccida 4000 persone.

Fanno ancora più paura i dati della malaria nel mondo. Oltre 400mila i morti negli 87 Paesi dove ancora è diffusa e frequente. Sostanzialmente la Regione Africana. E a morire sono soprattutto i bambini sotto i 5 anni. Una strage quotidiana e senza fine.

Se la malaria uccide nella Regione Africana, i modernissimi Stati Uniti devono vedersela con la malattia del benessere, il Diabete, che nelle sue forme più comuni (di Tipo 1 e Tipo 2) resta una sfida sanitaria urgentissima con i suoi 415 milioni di persone colpite nel mondo, che diventeranno 642 milioni nel 2040 se non si agirà in fretta per arginarne la diffusione.

Secondo le ultime stime sulla salute globale dell’OMS le malattie non trasmissibili, come il Diabete, sono responsabili di 7 delle 10 principali cause di morte. Esserne affetti espone i malati a una maggiore vulnerabilità per Covid-19. Ecco perché diventa obiettivo imprescindibile a livello globale fare in modo che programmi di screening e trattamento per malattie gravi come il diabete, il cancro, le malattie cardiache, l’ipertensione siano accessibili a tutti coloro che ne hanno bisogno, quando ne hanno bisogno. Senza dimenticare le malattie mentali che il diffondersi della pandemia, portatrice di paura e lockdown forzati hanno acuito.

Ripartiamo da qui, la pandemia.Il rapporto – recentissimo dell’International Panel on Pandemic Preparedness and Response (IPPPR) – commissionato dall’OMS per valutare in modo indipendente gli errori fatti e le cose da fare per evitare che la catastrofe risucceda, suggerisce una lezione fondamentale che è riassunta nel concetto One Health. La nostra salute è strettamente legata a quella degli animali e quella del pianeta sul quale viviamo. La strada da seguire esiste, indicata negli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. Il numero 3 è, appunto, la Salute e il Benessere.

L’enorme problema pre-Covid-19, che la pandemia ha esacerbato, sono e restano le disuguaglianze sanitarie tra i Paesi del mondo e all’interno dei Paesi stessi. L’Italia non fa eccezione. Reddito, genere, etnia, vivere in aree rurali remote oppure in aree urbane svantaggiate, istruzione, disabilità: sono tutte condizioni che pesano e accentuano le disparità sanitarie.

Uno sguardo attento alla mappa del mondo sulla speranza di vita alla nascita https://www.indexmundi.com/map/?v=30&l=it mostra chiaramente come le aspettative siano profondamente diverse a seconda del luogo in cui si nasce. E questo ci dice due cose, guardando agli 89 anni di Monaco – al top della classifica – e ai 53 anni dell’Afghanistan – nel fondo. Che gli enormi progressi fatti dalla scienza in generale e dalla medicina in particolare quanto a cure e prevenzione consentono una vita più lunga e più sana. Ma che queste speranze si abbattono bruscamente nelle aree più povere del mondo, isolate e svantaggiate, scenari di conflitti. Ed è su questo che bisogna lavorare.

Se i sieri anti Covid sono arrivati in tempi record e se l’accelerazione della campagna vaccinale con una imprescindibile adesione di massa potrà portarci fuori dalla pandemia da SarS-CoV2, non potrà invece esserci luce in fondo al tunnel senza una azione solidale tra nazioni, istituzioni, comunità e individui in tema di salute e sanità. Da Nord a Sud, da Est a Ovest.​

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