
Obesità, un’epidemia che si deve combattere
Alla vigilia del World Obesity Day, l’importanza di fare corretta informazione su una patologia cronica che ha una forte incidenza anche in Italia. La prevenzione
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Alla vigilia del World Obesity Day, l’importanza di fare corretta informazione su una patologia cronica che ha una forte incidenza anche in Italia. La prevenzione
Da diversi mesi ricevo inviti ad occuparmi di procreazione medicalmente assistita. Dall’inizio di questo 2025 la PMA è entrata nei Lea – Livelli essenziali di assistenza. Una svolta. E’ il motivo per cui nella puntata di Health andata oggi in diretta ne ho parlato con il Prof. Antonio Pellicer, Presidente e fondatore di IVI.
Ritorno a scrivere qui dopo un po’. Riallacciando il filo e ripartendo da un tema – il tumore del pancreas – di cui non mi ero particolarmente occupata fino all’anno scorso. Il giorno in cui ho saputo – per esperienza a me vicina – che una diagnosi di adenocarcinoma del pancreas può arrivare anche a persone giovani e con uno stile di vita per nulla a rischio: non fumatori, non obesi, non diabetici. E così, sono già due volte che nel giro di pochi mesi scelgo di parlarne ad Health.
Nel mese di settembre si celebra la Giornata Mondiale di sensibilizzazione sui tumori rari del sangue. L’obiettivo è riconoscere e dare un nome a sintomi spesso subdoli, per potersi curare. Oggi, grazie a terapie innovative, tornare alla vita è possibile. Come ci racconta Francesca in questa intervista che le ho fatto e voglio condividere con voi.
Tumori rari del sangue, il 9 settembre si celebra la Giornata Mondiale di sensibilizzazione sulle malattie mieloproliferative. L’obiettivo è accendere un faro su queste patologie, di cui si parla ancora troppo poco e spesso in maniera fuorviante. Riconoscere e dare un nome a sintomi spesso subdoli, per potersi curare deve essere il primo passo da affrontare. Perché oggi, grazie a terapie innovative, tornare alla vita è possibile. E allora anziché parlare dei tumori rari del sangue spiegandovi cosa sono, questa volta abbiamo deciso di raccontarvi la storia di una donna che – seppure di fronte a una diagnosi così dura – anziché disperarsi non ha mollato.
A 40 anni dalla sua comparsa nella letteratura scientifica, l’HIV è ancora un virus che colpisce milioni di persone nel mondo: solo in Africa si infettano ancora ogni anno 1 milione e mezzo di persone. E in Italia? Risponde alle nostre domande il Professor Giovanni di Perri, direttore malattie infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino, una delle voci più autorevoli ed ascoltate durante le fasi più acute della pandemia da Covid-19.
Dopo averlo intervistato più e più volte su Sky TG24 per interpretare il Covid-19, i dati e il virus che lo provoca, ho deciso di intervistare il Professore per fare una fotografia dell’HIV oggi. A spingermi la notizia che il Professore è stato tra i mille esperti che si sono ritrovati a Bergamo per ICAR, Italian Conference on AIDS and Antiviral Research.
Non è corretto definire l’Inclisiran di Novartis un vaccino anti-infarto. Non lo è. Se è sempre sbagliato fare titoli fuorvianti sui siti come sui giornali, lo è ancora di più se riguardano un tema tanto delicato come la salute. E a maggior ragione se la patologia chiamata in causa coinvolge decine di milioni di pazienti nel mondo. Ecco perché per il Sito di Sky TG24 ho realizzato un’intervista al Professor Piergiuseppe Agostoni, Direttore del Dipartimento di Cardiologia Critica e Riabilitativa del Monzino, per farmi spiegare in maniera semplice in che modo il farmaco di Novartis agisce e perché potrebbe rivelarsi “rivoluzionario” nel ridurre drasticamente eventi cardiovascolari gravi e spesso fatali come l’infarto e l’ictus. Se volete ascoltare l’intervista, è questa. Di seguito, vi riporto le risposte più importanti che mi ha dato, ma vi consiglio comunque, se avete 5 minuti, di approfondire.
Ne ho già parlato più volte. Ne ho scritto in questi giorni per il telegiornale di Sky TG24. Mi piacerebbe condividere con voi, anche qui, un tema molto delicato e altrettanto importante, che riguarda tutti noi come adulti, genitori, educatori. La salute mentale dei giovani. E allora riprendo il testo di quanto ho scritto in queste ore, sollecitata da questi titoli d’agenzia, in rosso: +++ Salute mentale: un adolescente su 4 ha sintomi di depressione da Covid, raddoppiati i casi in 2 anni +++ Non si può rimanere fermi di fronte ad un allarme del genere, basato su ricerche scientifiche e studi. Il tema è stato discusso al XXIII Congresso della Sinpf che per rispondere ai bisogni dei giovani e dare indicazioni ha creato un Gruppo di Ricerca in NeuroPsicoFarmacologia dell’Infanzia e Adolescenza.
Paura del virus, di esserne contagiati, di stare male, e poi gli effetti del Covid-19 sulla salute, le restrizioni della vita sociale, la mancanza di relazioni, del contatto, degli abbracci, i baci, e poi la scuola e l’università prima a distanza, poi a singhiozzo: due anni dopo l’inizio dell’incubo, non esiste più dubbio sul fatto che la pandemia abbia effetti sulla salute mentale di tutti, soprattutto sui giovani. Ora arrivano i dati e fanno paura. Un adolescente su 4 ha sintomi di depressione da Covid, siamo dentro una crisi mondiale della salute mentale, soprattutto fra giovanissimi. Scienziati ed esperti, stavolta, sono d’accordo. Fioccano le ricerche scientifiche come quella pubblicata su Jama Pediatrics.
A Torino la quinta edizione del Concorso promosso dalla Fondazione DiaSorin che premia la passione per le scienze della vita, il talento e il gioco di squadra.
A qualche giorno di distanza dalla Finale della quinta edizione del Mad for Science, voglio trasformare in parole tutte le emozioni che ho vissuto presentando ancora una volta la Challenge del Concorso per Licei italiani promosso dalla Fondazione DiaSorin per premiare la passione per le scienze della vita, il talento, il gioco di squadra. Anche questa volta, causa misure anti-pandemia, in versione mista, come si dice oggi, phygital. Io, la giuria e un ristretto numero di invitati all’Auditorium Vivaldi di Torino, in presenza. Gli 8 team finalisti – 5 studenti più il professore, anzi, la professoressa, visto che quest’anno erano tutte donne – collegati in streaming dalle scuole. Se avete curiosità di rivedere la diretta – e ne vale veramente la pena – la trovate sulla Pagina Facebook della Fondazione DiaSorin.
Da quattro anni a questa parte per me il treno è diventato un po’ un ufficio, potrei definirlo un’appendice della mia redazione tante sono le volte al mese in cui lo prendo. E questo è un fatto. Poi… Io, donna tra i 35 e i 50 anni, faccio prevenzione del tumore al seno, perché so bene cosa vuol dire – soprattutto per il cancro al seno – una diagnosi precoce. Terza questione, i temi di salute e sanità: vi ho già detto tante e tante volte quanto mi interessino e quanto mi impegni ogni giorno per trattarli con chiarezza e autorevolezza. Ecco perché oggi, mettendo insieme tutte queste questioni solo apparentemente slegate – treno, tumore al seno, prevenzione, comunicazione scientifica – voglio parlarvi del Frecciarosa, il progetto firmato da IncontraDonna Onlus, Associazione no profit con cui recentemente sono entrata in contatto. E per fortuna, visto l’impegno che tutti i volontari investono ogni giorno nel far conoscere in maniera corretta una patologia che ha una grande rilevanza sociale: il tumore al seno.
A pochi giorni dall’anniversario per i vent’anni dall’attentato di Al-Qaeda alle Torri gemelle del World Trade Center di New York, vi racconto perché quel giorno così tragico segnò per me l’inizio di una nuova storia professionale.
Come tutti, anche io ricordo perfettamente dov’ero e cosa facevo nel momento esatto in cui il volo 11 American Airlines e il 175 United Airlines si infilarono nelle Torri Nord e Sud del World Trade Center di New York. Succede così ogni volta che un evento eccezionale ci travolge. E quella volta il mondo intero fu sconvolto da un attacco terroristico difficile persino da immaginare. Talmente assurdo che, lì per lì, a me e alle mie colleghe – tutte giovanissime giornaliste – sembrò il trailer di un film. Vi racconto…
Tornavamo dalla pausa pranzo. L’organizzazione di Stream News allora era molto diversa. Nel Canale dedicato alle notizie di Stream (ricordate Stream Tv e Tele+?) gli appuntamenti col Tg erano simili a quelli di una tv generalista. Tg della mattina, quello dell’ora di pranzo, il Tg delle 20 e poi quello di tarda serata. Dopo aver lavorato alla confezione dell’edizione delle 13 e dopo aver seguito o condotto la diretta (all’epoca mi occupavo molto di news sportive), se non si decideva di uscire nella pausa pranzo che era abbastanza lunga, ci si ritrovava a mensa. Stavamo tornando da lì, dopo le 14. In una giornata che sembrava “normale”, fino a quando la normalità si scontrò con quello che vedemmo in sui monitor in redazione. Su ogni colonna c’erano delle tv sintonizzate sulle agenzie video internazionali, in particolare la Reuters. Avevamo costantemente sotto gli occhi i fatti più importanti che accadevano nel mondo e se lavori per un Tg, le immagini sono alla base di tutto. In alcuni momenti della giornata passavano quelle di Show-biz. Trailer dei film, backstage, tappeti rossi, effetti speciali.
Proposte di policy con il contributo del Terzo Settore. A Roma ho moderato un incontro importante su un tema di salute che deve tornare al centro dell’attenzione. Ve lo voglio raccontare.
In Italia, una donna su nove è colpita nell’arco della sua vita dal tumore al seno. Solo nel 2020 sono state 55mila le nuove diagnosi. Il cancro al seno si conferma quello più comune tra la popolazione femminile, con 12mila decessi ogni anno. E’ un tema di salute che sento molto vicino. Tutti noi possiamo raccontare esperienze dirette di una madre, un’amica, una collega che ne è stata colpita. E io non faccio eccezione. Ecco perché, quando sono stata invitata dalla Fondazione per la Sussidiarietà a moderare l’evento “Il tumore al seno in Italia: dalla patologia alla persona. Proposte di policy con il contributo del Terzo Settore”, ho detto sì con grande entusiasmo.
I test rapidi sono ancora utili? E’ la domanda che ricorre più spesso in un’Italia finalmente bianca, ma spaventata dalla possibilità che – come sta accadendo in Gran Bretagna – cominci a serpeggiare anche da noi la Variante Delta.
In un’Italia che ha appena virato sul bianco – un colore che significa finalmente una nuova “normalità” – l’imperativo è: agire contro la diffusione della variante Delta, ex Indiana. Più contagiosa di quella Alfa (ex Inglese) e per la quale una sola dose di vaccino potrebbe non bastare. Farlo in fretta, visto che l’Italia è tra i Paesi al mondo in cui circola di più. Comparsa per la prima volta in India nell’Ottobre 2020, accumula mutazioni con facilità. La più diffusa è la B.1.617.2. Nel Laboratorio di Biologia Molecolare dell’Azienda sanitaria di Piacenza, lì dove negli ultimi giorni è stato individuato un focolaio di 25 casi di variante Delta, la responsabile ha detto a un mio collega che è andato ad intervistarla “di aver capito che qualcosa non andava quando ci siamo trovati di fronte a campioni negativi per le mutazioni ricercate”. E di averne dedotto che i Kit in commercio non evidenziano la variante indiana Delta. A Piacenza la soluzione è arrivata grazie alla decisione di sequenziare i campioni raccolti attraverso un protocollo messo a punto in collaborazione con il San Matteo di Pavia.
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